19. Cloud computing: chi è pronto a saltare sulle nuvole?
Il futuro è sulle nuvole e il presente sta scrutando il cielo. La tecnologia del cloud computing non è più mera materia di discussione e speculazioni, ma una realtà operativa. Un altro passaggio, in un percorso informatico dove le valige degli internauti diventano più leggere, il mondo sempre più sconfinato e le possibilità economiche si moltiplicano. Tuttavia per tuffarsi nelle nuvole e sfruttarle al meglio senza annegare, c’è bisogno di gambe e braccia allenate. Quanto sono preparati gli utenti e le nazioni al cloud computing?
Chi vive in un paese dall’economia emergente utilizza con meno remore e maggiore consapevolezza i servizi offerti delle cloud, forse perché meno abituato alla tecnologia tradizionale e più aperto alle novità che possono portare vantaggi economici. I dati di una recente ricerca della Business Software Association dicono che il 45% di chi regolarmente usa un computer in 33 paesi nel mondo utlizza i servizi offerti dalle cloud, una media tra il 50% dei paesi economicamente emergenti e il 33% di quelli maturi.
La BSA ha anche fatto il punto della situazione mondiale del cloud computing, nel tentativo di individuare strategie che ne possano facilitare la crescita (BSA Global Cloud Computing Scorecard). Tra i 24 paesi presi in esame troviamo l’Italia in sesta posizione e l’India in diciannovesima, coerentemente al divario riscontrato tra paesi con economia mature ed emergenti.
L’Italia è più preparata dell’India per quanto riguarda la riservatezza e protezione dei dati (6.2 su 10 punti). Ha una buona normativa, conforme alle direttive della comunità europea e all’APEC sulla privacy. Ancora carente l’India (4.1), soprattutto per quanto concerne il settore pubblico, che non è tenuto a rispondere alla legge sulla privacy. Mentre in Italia esiste il Garante per la protezione dei dati personali, in India non c’è alcun organo appuntato. In entrambe le nazioni ci sono forme di restrizione sul trasferimento dei dati oltreconfine che penalizzano la crescita delle cloud.
Migliore anche la valutazione sulla sicurezza per l’Italia (7.2/10) che per l’India (4.4) dove sono in atto ristrettive forme di censura.
Entrambi i paesi stanno prendendo seriamente in considerazione il problema del crimine informatico, con leggi varate in conformità alla convenzione di Bucarest (Italia 9.6/10 e India 7.4), ma ancora da aggiornare.
A penalizzare fortemente l’India sono due fattori principali: la scarsa attenzione del Governo alla questione dei diritti di proprietà intellettuale, in particolare il copyright (uno scarso 9.2 su 20. Italia 17.4) e la mancanza di infrastrutture e diffusione della broad band atta a supportare la crescita del cloud computing (8.5 su 30, Italia 21.5). Anche per quanto concerne la promozione del libero mercato, grazie cui le cloud possono sprigionare il massimo delle loro potenzialità, entrambi i paesi mostrano un po’ di reticenza (India 6.4/10, Italia 6.8).
Tuttavia l’India sta dimostrando grande impegno e la volontà di non lasciarsi scappare le possibilità offerte dalle cloud. Per permettere l’interoperatività tra le nuvole l’industria sta cercando di omologarsi agli standard internazionali (10/10, Italia 9.2). Il numero crescente di utenti internet e la galoppante diffusione di tablet e smartphone, se coadiuvata da corenti strategie politiche, può portare nel giro di pochi anni l’India in alto nel cielo. In questo senso è molto positivo il dibattito in corso tra autorità ed esperti del settore ICT sulla necessità di sviluppare norme per rendere operativo e facilitare il cloud computing.
Per tutti il modello da seguire è il Giappone, che primeggia la classifica con un punteggio complessivo di 83.3 punti su 100, seguito da Australia e Germania.